Palazzo Sersanti a Imola: il restauro di terrecotte e arenarie della facciata
RESTAURO DI PALAZZO SERSANTI IN IMOLA
Su CA ceramica per l’architettura n. 18, novembre 1993
Il palazzo fu costruito nel 1482 da Mastro Giorgio Fiorentino, su commissione di Girolamo Riario che in quegli anni governava la città come vicario del pontefice Sisto IV. L’edificio fu eretto nella piazza grande di Imola di fronte al Palazzo Comunale e, date le sue grandi dimensioni, ne occupa tutto il lato a levante.
Numerose furono le vicissitudini che accompagnarono la vita del palazzo nel corso dei secoli, fino alla recente ristrutturazione di alcuni locali e al restauro delle terrecotte e delle arenarie esterne.
Il restauro è stato eseguito tra l’ottobre 1990 e il giugno 1992 dalla ditta “La Fenice Restauro Beni Artistici di L. Di Marzio e C.” avente sede a Imola, con l’approvazione della Soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia Romagna.
L’intervento, di tipo conservativo, ha compreso il consolidamento, la pulitura e la stuccatura delle terrecotte e delle arenarie che hanno così acquistato l’originaria plasticità.
Gli elementi decorativi in terracotta si sviluppano lungo la fronte e i lati del palazzo e sono diversi tra loro, ma ugualmente la decorazione si presenta unitaria per la presenza di particolari ricorrenti.
In alto la facciata è delimitata da un largo elemento decorativo molto aggettante che potremmo chiamare sottogronda, in quanto sorregge lo spiovente del tetto.
Una teoria di foglie d’acanto sormonta una fascia con la tipica decorazione ad archetti, la quale è quasi sospesa poiché il fregio bruscamente va in profondità sviluppando dei grossi ovuli che nello spigolo della facciata, dove la fascia si piega per proseguire sul lato, si trasformano in testine antropomorfe, le quali impreziosiscono ulteriormente le terrecotte. Purtroppo, però, esiste ormai solo la testina nello spigolo destro del palazzo, poiché a sinistra la decorazione fu rifatta negli anni venti e fu malamente raccordata con malta cementizia.
Il sottogronda termina con una serie di dentelli di poco sporgenti dalla parete.
La zona delle soffitte è distinta da una fascia marcapiano in cui ad un sottile listello è addossato un fascio di foglie d’alloro trattenute da un nastro che le avvolge obliquamente.
Più fine è la decorazione della due file di formelle sottostanti: in una da un vaso centrale colmo di piccoli frutti si dipartono due festoni tratenuti ai lati da due grossi fiori; nell’altra, invece, la decorazione è fitomorfa con lunghe foglie frastagliate e frutti centrali un po’ esotici.
La fascia marcapiano bassa è nuovamente molto sporgente poiché costituisce una sorta di grande mensola di appoggio per i finestroni.
Il motivo decorativo è semplice, del tutto simile a quello del sottogronda ma in scala ridotta: foglie d’acanto, archetti, ovuli e dentelli.
Diversa è però la suddivisione delle formelle, in particolare ogni formella contiene due foglioline e un intero ovulo.
Le finestre, grandi monofore con arco a tutto sesto, sono contornate da ovuli, foglioline e nodini.
Una decorazione semplice, questa, che unita alla imponenza delle aperture, si evidenzia nella facciata senza bisogno di altri particolari.
Il sodo della facciata termina in basso con gli archi del portico.
Nella decorazione delle ghiere troviamo ancora un listello, foglie d’acanto e sotto i nodini. La zona centrale è occupata da una preziosa decorazione serpeggiante con dischetti infilati a guisa di perle, che poi si attorcigliano formando un motivo decorativo di grande eleganza nella semplicità dei suoi elementi. La ghiera si conclude con una fascia di foglioline stilizzate.
Nel punto in cui gli archi si raccordano per appoggiarsi sulle colonne, le rispettive ghiere si fondono e sembrano sparire dietro una mensola, sorretta da una testina d’angelo dall’iconografia un po’ particolare, con due ali aperte indietro e due ali ripiegate in avanti: questo è un elemento decorativo sacro che qui si unisce piacevolmente alla decorazione profana. Tutte le testine, analizzandone colore e impasto, risultano rifatte negli anni venti.
La decorazione termina con un’anfora sorretta da un fiore che pare nascere dal sottostante capitello in arenaria.
Così il restauro delle terrecotte è stata una importante occasione per poter guardare più da vicino questo palazzo che il tempo stava logorando e che invece, con la piazza su cui si affaccia, valse ad Imola il titolo di “più bella città di Romagna”, attribuitole da Leandro Alberti nell’opera “Descrittione di tutta l’Italia” del 1596.